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martedì 19 febbraio 2013

ROADSHOW GERUSALEMME


Martedì grasso…c’era stato l’invito a partecipare alla cena per il Capodanno cinese. Fino all’ultimo avevo sperato di coinvolgere qualche amico a venire ma invano.

Ed ecco all’arrivo in agenzia un invito di quelli che stuzzicano e, allo stesso tempo, fanno venire sia l’acquolina in bocca...”Verresti con me al roadshow Gerusalemme, Cristina ha annullato e non mi va di andarci da sola” mi dice Valeria e, avendo paura di un mio rifiuto aggiunge, gettando l’esca fatale: “seguirà una cena presentata dallo chef Kumalè!”
“Obbedisco”, dico  parafrasando il famoso condottiero.
“Allora appuntamento in via Sant’Anselmo, 4 alle 18.50, munisciti di biglietti da visita che ci sarà pure un’estrazione con ricchi premi e cotillon!”
Siccome 35 anni di ristorazione non sono acqua, il nostro eroe passò tutto il pomeriggio fantasticando sulle prelibatezze che avrebbe gustato, sulle bellezze di Gerusalemme che avrebbe visto e sulla piacevole serata alla scoperta della sua algida collega Valeria.
Arrivata l’ora fatidica si pone il primo problema della serata: siccome l’appuntamento era presso il ristorante di cucina ebraica kasher Alef,  era capire se la lettera ebraica che appariva sulle vetrine del locale fosse effettivamente quella, anche perché nessuna porta corrispondeva al numero civico indicato. Fortunatamente il dilemma venne risolto dall’arrivo della mia accompagnatrice che, fresca del suo corso di ebraico moderno, con sicurezza disse: “Sì, il locale è questo!!” Appena pronunciate queste parole, da ogni angolo oscuro della via si materializzarono figure  di persone semi congelate e in preda allo sconforto che da ore vagavano in cerca del locale Alef e, che come me, digiuni dell’ebraico, avevano bussato ad ogni bar, taverna, ristorante, locanda e hotel della via…
Così fu che la sala adibita al roadshow, fino a quel momento vuota e desolata, si riempì di un pubblico vociante e allegro, pronto a godersi una serata di bagordi, ma soprattutto felice che l’invito non fosse un tragico scherzo carnevalesco.
Dopo la visione di un interessantissimo filmato su Gerusalemme e una presentazione svolta dalle autorità israeliane presenti, giunge il primo dei due avvenimenti tanto attesi dal pubblico presente: l’estrazione di un soggiorno in uno dei più prestigiosi hotel di Gerusalemme.
L’attesa era tanta, ma siccome chi scrive sa che la fortuna è cieca, ma anche che la sfortuna ci vede benissimo, aspettava con ansia che il suo biglietto venisse estratto. Tanto per creare un po’ di suspense chi venne estratto per primo non si trovava più tra il pubblico e a furor di popolo l’estrazione venne ripetuta…la fatal mano acchiappò un biglietto da visita color crema di fava… lo stesso mio!! Alla mia veneranda età certe emozioni possono essere fatali soprattutto quando alla lettura del vincitore il nome scandito fu: “Valeria Vergnano!”
Il peggio fu far buon viso e cattiva sorte, rallegrandomi con finta allegria con la mia collega e maledicendo il fatto che la sorte mi avesse solo sfiorato!
Digerita la cocente delusione ci apprestiamo a gustare la deliziosa cenetta, stuzzicato dai deliziosi profumini che uscivano dalla cucina adiacente…
“Ora sarà servita la cena, curata dallo chef Kumalè!” Da buon gastronomo odio il self-service, soprattutto quando non c’è neanche un posto a sedere ma a caval donato…Valeria ed io riusciamo a strappare un angolino sul limite estremo del bancone dove facevano bella vista succulenti e appetitosi piatti della tradizione culinaria ebraica. La ragazza, alla quale l’inaspettata vincita  aveva provocato un appetito insaziabile, fece veramente onore alla cucina con grande gioia dello scrivente a cui l’invidia aveva fatto l’effetto opposto…liberatosi poi  un tavolino conclusero la serata tra dolciumi mediorientali e ciance in libertà.
Giunto a casa, raccontando la serata alla famiglia mentì spudoratamente dicendo loro: “per fortuna non ho vinto, pensate non avrei saputo chi portare tra voi tre, ma soprattutto il costo del biglietto aereo…e lì sparò un prezzo allucinante, confidando nell’assoluta ignoranza dei suoi famigliari sulle tariffe aeree e strappando loro un “Che fortuna, meno male che non hai vinto!!”

giovedì 24 marzo 2011

Ricordi di viaggio: Pellegrinaggio nella Terra della Bibbia


Nella Terra della Bibbia

Israele e Territori Palestinesi 7-14 marzo 2011

Si parte per un viaggio con la speranza di arrivare a destinazione e trovare il cielo sereno e un tiepido sole che illumini le bellezze del posto che stiamo per visitare.
Arrivati a Nazareth ci siamo resi conto che le nostre aspettative non sarebbero state soddisfatte! Marzo è arrivato in Israele con un cielo carico di nuvole e un’aria ancora invernale…
Di certo il primo impatto non è stato dei migliori, non fa mai piacere dover aprire l’ombrello quando si è in viaggio e il clima può davvero cambiare il nostro umore e la nostra predisposizione in ciò che stiamo vivendo..
Eppure, dopo un primo momento di sconforto, ho provato a cambiare sguardo… ad osservare con altri occhi il paesaggio che avevo davanti e ho scoperto che la pioggia può regalare alle città un fascino non meno accattivante di quello sa dare il sole.
Tutto questo l’ho visto anche pensando al periodo nel quale abbiamo intrapreso il nostro viaggio.
Il pellegrinaggio in Terra Santa si è svolto infatti all’inizio della Quaresima, periodo in cui la Chiesa invita alla conversione, alla riflessione, al pentimento. In un certo senso ci viene chiesto di rivedere la nostra vita sotto un’altra luce; di rivalutare le nostre scelte, i nostri atteggiamenti, di prendere coscienza delle nostre fragilità, dei nostri errori.
Così, visitando i luoghi in cui Gesù è nato e vissuto, ho potuto davvero fare questo cammino sui suoi passi e dentro la mia vita; il cielo grigio non era più ciò che mi impediva di godere delle bellezze di questa terra, era al contrario ciò che mi consentiva di sentire ancora più intensamente quello che lì è avvenuto duemila anni fa e che oggi si riflette nella mia vita…
Una vita in cui il cielo è a volte grigio, ma sofferenze e preoccupazioni vengono portate via dalla pioggia …e rifiorisce la speranza.

sabato 5 marzo 2011

Viaggio in Siria e Turchia – Sui passi di S.Paolo



20-28 febbraio
DAMASCO –MA’LOULA-ALEPPO-ANTIOCHIA-TARSO-EFESO-ISTANBUL

 

Apro la porta di casa e poso la valigia…sorrido. La mia famiglia mi accoglie, tutti vogliono sapere cosa ho visto durante il viaggio, quali emozioni ho provato lungo le strade che ho percorso.
E’ sempre difficile soddisfare questa curiosità a parole. Posso descrivere i luoghi, raccontare aneddoti, cercare di riassumere quanto ho imparato… ma la prima frase che mi viene da dire è sempre : “ Dovete andarci! Dovete vedere con i vostri occhi le meraviglie di quelle terre!”
Tuttavia questo non basta, certo… chi è rimasto a casa sogna di carpire e fare propria almeno una piccola parte di quella  fantastica esperienza che ha vissuto chi ha viaggiato. Cerco allora di mettere ordine nelle immagini che si affollano nella mia mente e di rispondere a questa domanda:
“ Cosa non dimenticherai mai di quelle terre?”
Otto giorni di viaggio lungo le strade percorse da San Paolo, nei posti che hanno visto nascere le prime comunità cristiane e nei quali oggi la Chiesa è molto spesso costretta  a vivere in silenzio. Lungo il nostro viaggio, da Damasco a Istanbul, abbiamo potuto incontrare testimoni di un cristianesimo che non si arrende, che cerca la convivenza con una popolazione a maggioranza musulmana. Se questo sembra possibile in Siria, non si può dire lo stesso della Turchia, dove i religiosi sono spesso ostacolati e minacciati. Non dimenticherò le parole delle Suore di Tarso che, nonostante l’assenza di cristiani, non vogliono si spenga la luce del Santissimo e cercano di resistere in una città nella quale non conviene dichiarare apertamente la propria identità di religiose. Il loro coraggio, come quello dei salesiani e dei cappuccini incontrati in altri luoghi, è commovente. Lontani dal voler fare proselitismo e dal combattere l’Islam, restano come punto di riferimento per le piccole comunità cristiane ancora presenti,  per i giovani e per le famiglie bisognose.

Non dimenticherò i luoghi che abbiamo visto, l’architettura araba delle Moschee e il fascino malinconico della voce del muezzin che chiama i fedeli alla preghiera. Non capisco le sue parole, ma in qualche modo sento che parla all’anima.
 Non dimenticherò la cittadina romana di Efeso che, splendidamente conservata,  brillava sotto il sole di febbraio… Nonostante si trattasse di  un sito archeologico, una città morta, mi sembrava straordinariamente viva!
… Così come i coloratissimi suk, i mercati che in ogni città  brulicano di vita, di voci e di odori .. con le loro spezie, le loro stoffe e i sorrisi di chi ti invita ad acquistare.
Potrei aggiungere molte altre cose… è stato un viaggio intenso e ogni luogo mi ha lasciato ricordi indimenticabili…ricordi che è bello condividere con i propri compagni di viaggio.
 E’ per questo che ho rivolto loro questa stessa domanda:
“Cosa non dimenticherete di questo viaggio?” … mi hanno risposto così:
- La suggestione dei luoghi, in particolare Basilica di S Simeone. Efeso e la Casa di Maria. L’incontro con la presenza cristiana di oggi, molto toccante. La profondità dell’esperienza con la serenità del clima
-L’incontro con i testimoni del cristianesimo di oggi. Il loro coraggio.
-L’accoglienza degli abitanti del posto
-E’ statta un’esperienza inaspettata, una sorpresa bellissima da ricordare
-La situazione della Chiesa, in grave sofferenza. I paesaggi, differenti e belli. La cordialità dei confratelli salesiani. I monumenti..la chiesa di S. Simeone lo stilita e Istanbul
- Le testimonianze delle suore e dei cappuccini. L’immersione nella cultura attraverso i suk.
- Le testimonianze vive di cristiani che vivono come minoranze o in difficoltà di espressione
- La mancanza della libertà religiosa
- Efeso, la sua passata grandezza e l’importanza per il cristianesimo e per la prima comunità cristiana. Il porto di Seleucia, da cui partì Paolo.La casa  della Madonna.La chiesa del Salvatore in Chora
- I volti dei testimoni incontrati. La natura e i siti archeologici. La ricchezza storica del passato e la vitalità del presente
- La presenza umile e semplice di piccole comunità cristiane. La convivenza rispettosa fra le varie religioni, anche se non sempre facile. La suggestiva casa di Maria e la Grotta di pietro. La bellezza di Santa Sofia e la Moschea blu.
- Della Siria il fascino e la cultura. Della Turchia il contatto tra oriente ed occidente.
- Il monastero di San Simeone, luogo suggestivo, capace di far riflettere
- La situazione in cui si trovano le comunità cristiane e la loro squisita ospitalità. La suggestione di alcuni siti archeologici.

Questo è quello che non dimenticheremo... e che, forse, molti di noi sognano di poter rivedere presto!




venerdì 14 gennaio 2011

IL TACCUINO DI EUSEBIO

Pensieri di viaggio  (27 dicembre 2010-3 gennaio 2011) 



 
Il deserto di Giuda ti ingoia quando lasci Gerusalemme e ti dirigi in autobus verso la Giordania. Qui inizia il viaggio dei viaggi. Qui hai la conferma che viaggiare non significa vedere luoghi mai visti. Ma più semplicemente ritrovare i luoghi che ti portavi dentro da sempre, e che non avresti mai creduto di ritrovare per davvero. Il deserto di Giuda. Lo hai già attraversato tante volte dentro di te. Quando eri piccolo e gli altri bambini non ti volevano a giocare. Quando hanno dovuto spiegarti che quello zio che amavi come un padre non sarebbe tornato dall’ospedale. Quando hai avuto la prima delusione d’amore, un dolore senza spiegazioni, una roba troppo da adulti per te che sei ancora piccolo. Quando hai fatto la prima vigliaccata e ti sei fatto schifo da solo. Quando hai perso il lavoro e sei tornato a casa a spiegarlo alla tua famiglia. Quando la malattia si è accanita proprio su di te, che ti credevi indistruttibile, e ti ha piegato. Anche allora eri nel deserto di Giuda. E adesso questo luogo ti è familiare. Un deserto di pietra rovente, diverso dal Sahara tunisino, che pure hai amato tanto, e che vorresti un giorno rivedere. Il deserto di sabbia è un teatro, che il vento rimodella continuamente, come un mare che non potrà essere mai. Il deserto di Giuda é la pietra che si annida nelle pieghe della tua anima. Non credo al concetto di pellegrinaggio. Sono troppo povero di spirito. Sono partito per una vacanza con mia moglie e le mie due figlie. Ma nel deserto di Giuda, incanto di geometrica indifferenza, ho iniziato un percorso diverso. Un viaggio interiore.
Ponte Allenby. Qui è la frontiera fra Israele e Giordania. Un luogo sospeso nel nulla. Giovani armati dalle parti opposte si parlano come vicini di scrivania. Forza dell’abitudine. I rapporti fra i due Paesi sono eccellenti. La pace firmata nel 1986 fra re Hussein di Giordania e il premier israeliano Rabin ha reso possibile la “rinascita” della Giordania, che scopre così il benessere del turismo di massa. Tutto tranquillo. Al duty free shop puoi comprare sigarette, profumi, cioccolata, immagini sacre ai cristiani, riproduzioni di pagine della bibbia in ebraico ma anche oggetti legati alla fede islamica. Il sincretismo religioso passa attraverso il libero mercato. E va bene così. Una tavoletta di Toblerone non ha mai ammazzato nessuno.

Sul monte Nebo. Da qui, secondo la tradizione, Mosè vede la Terra Promessa prima di morire (la vede, ma non ci arriverà mai perché il suo dio così lo punisce). Il gigante Mosè così vicino alle nostre miserie. Sono credente, ma sono un pessimo cattolico. La vicenda di Mosè non mi avvicina alla Scrittura. Mi riporta in mente la poesia di Garcia Lorca “Cordoba, lontana e sola. Cavallina nera, grande luna e olive nella mia bisaccia. Pur conoscendo le strade, mai più giungerò a Cordoba.” Anche il tenente Drogo, nel Deserto dei Tartari di Dino Buzzati, sente arrivare i tartari aspettati tutta la vita, ma muore (consumato dall’attesa) un istante prima della battaglia. Così nell’Autunno del patriarca, di Garcia Marquez, la morte entra nella stanza del Patriarca e lo chiama Nicanor. Ma io non mi chiamo così, risponde il dittatore. E la morte: c’è un momento in cui, per me, tutti si chiamano alla stesso modo, Nicanor. Quante e quante volte, ognuno di noi è salito sul suo monte Nebo, nel deserto dei tartari, vicino a Cordoba? Dal Monte Nebo si vede la misteriosa pietraia del deserto di Giuda a perdita d’occhio. Fra questi sassi, fra questi sterpi, in questo vento gelato il messaggio. Sei arrivato quassù ma non sei da nessuna parte. Intorno a te il deserto di Giuda che ti porti dentro. Cordoba, lontana e sola.

Petra, la città rossa. Siamo tutti dietro all’instancabile Guido, fisico massiccio, barba bianca ad incorniciare il viso abbronzato, occhi azzurri profondi. Lo chiamo per scherzo “sergente nella neve” ricordando gli alpini protagonisti dello splendido libro di Mario Rigoni Stern. Guarda caso anche Guido era un sergente degli alpini. Alla forza del personaggio unisce una cultura profonda (parla sei lingue, fra cui arabo ed ebraico), che snocciola con naturalezza, come se raccontasse una favola. Con lui camminiamo almeno dieci chilometri, fra andata e ritorno, nell’immensa necropoli giordana. Accanto alle spettacolari vestigia archeologiche trovi molti mercatini e tende ospitalità. La gente del posto è gentile. Mi spiegano che per i beduini l’ospitalità è sacra. Beviamo tè alla menta. Il percorso di ritorno le mie figlie lo fanno a cavallo. Io resto sottobraccio con mia moglie. Fin dai tempi dell’università lei sognava di vedere Petra, con i sui resti arabi e romani. Uno spettacolo emozionante, reso ancora più unico dalla gente del posto. A Petra entri in contatto con ritmi lentissimi. Con modelli di vita perduti millenni addietro. Entri per interesse culturale. Esci più sereno e più ricco.

A Gerusalemme arriviamo un tardo pomeriggio con il cielo coperto. Ironia della sorte, nel luogo dove Giuda tradisce Cristo, mi aspetta Giorgio, grande intellettuale cattolico e mio amico dai tempi del liceo. Non gli è mai mancato il senso del ridicolo, neppure quando ha affrontato un’operazione che doveva ridurlo su una sedia a rotelle. E invece è uscito sulle sue gambe. Abbiamo riso. Ho scherzato sulle sue amicizie “in alto”… Giorgio ci porta nella città vecchia. Dice di conoscere meglio Gerusalemme di Torino, sua città natale, ed è vero. Andiamo subito al Muro Occidentale (per favore, non chiamatelo più “muro del pianto”, è una definizione di scherno per gli ebrei che è resistita misteriosamente all’evoluzione della nostra  lingua). Gli chiedo, io che frequento le chiese solo mentre non c’è la messa, se posso pregare al muro. Sì, è permesso. Appoggio la mano al muro e mi raccolgo qualche minuto. Guardo intorno a me i rabbini e gli ortodossi, con i loro abbigliamenti particolari. Dietro il Muro, la Moschea della Roccia. Ognuno prega il suo dio. E se all’unico Dio piace ridere di noi, in questo momento ha gli occhi chiusi. Però ascolta tutti i figli di Abramo pregare, sperare, promettere, maledire in tutte queste lingue diverse. Uno sciame di voci si alza nella sera.

La Via Dolorosa attraversa la città vecchia e arriva al Santo Sepolcro. E’ la strada percorsa da Cristo che portava la croce. Fra mercatini e luoghi di preghiera attraversi il cure coloratissimo di Gerusalemme vecchia. Sicuramente una delle città più affascinanti e coinvolgenti che abbiate mai visto. Il colore lo fanno le persone, le voci, i banchi di frutta spettacolare, i banchi di spezie meravigliosi, gli argenti beduini i tappeti ed i tessuti di ogni genere. Quasi dovunque il profumo irresistibile del pane arabo fresco (cioè caldo: favoloso, provare per credere). Torneremo sulla Via Dolorosa quasi tutti i giorni. E’ uno spettacolo indimenticabile.

Al Santo Sepolcro arriviamo in un pomeriggio (l’unico, a dire il vero) di pioggia torrenziale e di vento fortissimo. Attraversi il cortile in pietra ed entri nella basilica, tenuta da preti ortodossi. Sul Sepolcro hanno costruito una cripta. Qualche minuto di coda. Poi entro nella minuscola grotta, con mia moglie e le mie figlie. Dal punto di vista religioso a queste due ragazze non ho dato nulla. E’ ovvio. Non puoi donare quel che non hai. E quindi, in questo senso, non ho mai chiesto loro nulla. Alla luce fioca delle candele, davanti alla pietra, ci inginocchiamo. Chiedo a loro di darci la mano e chiedo di raccoglierci qualche minuto per un pensiero. Non oso dire preghiera. Anche perché io non prego mai, mi limito a comunicare. Gli parlo, pensando che sarebbe bello se ci fosse e mi ascoltasse. Nel luogo del Dolore, che però è anche il luogo della Resurrezione, rendo grazie con un pensiero e Gli offro i miei (molti, troppi?) affanni. La pietra, quella Pietra, mi trasmette un’energia particolare. E’ come fosse pietra viva. Esco con gli occhi gonfi. Mia moglie volta la testa da me. Capisco che è commossa anche lei. Così faceva anche da ragazza. Si girava. Una forma di estremo e delicato pudore che mi ha sempre colpito. Non lascio la mano né a lei, né alle mie figlie. Credo che quella pietra, la Pietra, sarà per sempre in noi quattro. La potenza del santo Sepolcro, il suo terribile segreto è questo: se vuoi, se lo desideri, se ci credi, se ne hai bisogno, lo porti via con te. E la Pietra vive in te.

 
La Rocca di Masada ti aspetta fra il deserto di Giuda e il Mar Morto. Una giornata perfetta, calda, azzurra e di vento caldo. Saliamo in funivia per qualche centinaio di metri. Lo spettacolo è emozionante. Il colpo d’occhio dà realmente la sensazione dell’infinito. La rocca conserva i resti di una lussuosa reggia del re Erode. Qui, dopo l’anno 70, gli Zeloti resistono eroicamente alle legioni romane per due anni. Alla vigilia della sconfitta, per non cadere in prigionia, estraggono a sorte i nomi di alcuni soldati con il compito di uccidere tutti e poi di suicidarsi. Per questa eroica resistenza, Masada è diventata il simbolo di Israele di lottare e di non soccombere. Appena arrivi qui, senti subito che Masada ti appartiene. Se anche tu sei abituato a lottare, se anche tu non cadi prigioniero del nemico, anche qui c’è qualcosa di tuo. Anche questo è un luogo dell’anima. Qui sono anche io uno zelota. Come sono un soldato greco alle Termopili, un carabiniere ad El Alamein, un ebreo nel ghetto di Varsavia, un negro nel ghetto di Soweto, uno studente in piazza Tien An Men. <<Soldati, questo giorno sarà vostro per sempre>>, disse Leonida ai suoi prima della battaglia. Ogni giorno è nostro per sempre se viviamo con forza. Senza cedere. Senza arrenderci. Senza abbassare lo sguardo. Senza paura. Così vicini al cielo. A Masada per sempre.

Il muro di cemento, altissimo e grigio, come questa giornata così triste, ti separa da Betlemme. Sull’autobus sale un soldato israeliano per un controllo di routine. E’ un ragazzino con la barba incolta. Il suo viso stravolto, la maschera di una lotta che non avrà mai fine. Betlemme è in Cisgiordania, nei territori  amministrati dall’Autorità Palestinese. Visitiamo la Basilica della Natività, costruita dagli ortodossi sulla grotta dove è nato Cristo. La grotta, microscopica, è oggi coperta da un altare maestoso. Anche qui, come al Sepolcro, l’aria è luminosa, accesa da una presenza fortissima. Il mistero della nascita e il mistero della morte. In mezzo il mistero della vita. Non posso fare a meno di guardare le mie figlie. Dice il poeta indiano Tagore che i figli non ti appartengono. Sono le frecce che, con l’arco della vita, lanci lontano. Ne segui la traiettoria ma non la dirigi. Nella Grotta ripenso alla notte in cui ho visto nascere Irene, 16 anni, la maggiore. E all’alba in cui ho conosciuto Sofia, 9 anni. Sono blasfemo a pensarci adesso? Non siamo ridicoli. Tutti i nostri dolori, tutte le nostre miserie ed i nostri affanni sono una bestemmia continua, un chiamare il Dio vivente con rabbia accanto a noi. La Rivelazione non è nella grotta, ma dentro di te. La Grotta ti appartiene. La vita degli altri no. Che cosa indicava la cometa? Forse la traiettoria della freccia. Il Figlio lanciato verso la vita. Pranzo da favola in un ristorante arabo tipico. Mangio di tutto. Fumo il narghilè. Poi a messa, per la prima volta da anni e anni. Don Antonio officia al Campo dei Pastori. Vangelo intenso e spiegato con sintesi ed intelligenza. Don Antonio. Magari quando torno in Italia gli vado a parlare.

Gerico. Giornata di sole perfetto e caldissimo. Anche qui siamo nei territori, ma sotto l’autorità di Israele. Giorgio mi spiega che il Paese è tutto a macchia di leopardo, con territori divisi in mano ad autorità volta per volta diverse. E’ questa la condanna di Babele? Forse no, ma gli assomiglia molto. Su molte case, ci fa vedere Giorgio, sventola la bandiera verde di Hamas, il partito palestinese irriducibile, che rifiuta il dialogo con Israele. Vedo povere case basse, sporche e diroccate. Scarichi a cielo aperto. Bambini seminudi che giocano nell’immondizia. Qui le bandiere di Hamas. A Masada la bandiera con la stella di Davide. E’ giusto credere in qualcosa e battersi per difenderla. E’ sbagliato nascondersi dietro una bandiera. Qui capisci che la miseria e la sofferenza degli altri possono diventare un business per chi le gestisce. Non rompe gli equilibri politici un’azione terroristica. Ma un ospedale costruito dove serve. Ecco perché spesso con gli aiuti economici si comprano armi. Perché la violenza e la miseria sono vasi comunicanti. La miseria, lo stato di assoluta necessità, permette un controllo diretto della gente. Il benessere allontana la violenza. Penso alla Giordania. E’ distante pochi chilometri, ma sembra essere su un altro pianeta. Ci fermiamo al mercato della frutta. Giorgio conosce tutti. Compriamo datteri spettacolari, spezie incredibili  e frutta secca di ogni genere.

Gerusalemme, ultimo giorno: Yad Vashem. Tradotto dall’ebraico “la potenza del nome”. Si chiama così il museo dello sterminio, meglio noto come Memoriale dell’Olocausto, nella parte nuova di Gerusalemme, accanto al Parlamento. Qui sei nel cuore dello stato di Israele. Lo capisci dalla costruzione solenne, in nudo cemento armato, contenitore dell’orrore inenarrabile. La costruzione museale è impeccabile e avvincente per la qualità del materiale esposto, soprattutto filmati e fotografie. Quello che sconvolge maggiormente, per assurdo, sono gli oggetti. Esattamente come quando ti muore una persona cara, e tu resti con in mano una sua cosa. Ebbene qui il silenzio si riempie delle urla sorde delle cose. Un orologio. Un paio di occhiali. Una penna. E giocattoli, giocattoli. Guardo le mie figlie. Ho il cuore in gola. Mia moglie, bianchissima, mi stringe la mano molto forte. Siamo muti. Urlano gli oggetti. Usciamo in pieno sole. Il giardino dei Giusti fra le Nazioni. Per ogni persona che si è impegnata contro la persecuzione nazista, viene piantato un albero che porta il suo nome. Cerco l’albero dedicato a Giorgio Perlasca, protagonista dell’indimenticabile La banalità del bene di Deaglio. Dal Giardino entri nella parte più terribile dello Yad Vashem. Il Memoriale dei bambini. Passi su un ponticello ed entri in una sfera completamente buia. Al centro una sola candela, che un sapiente gioco di specchi moltiplica milioni e milioni di volte. Una voce sommessa recita il rosario dell’orrore: nome, cognome, età e Paese di provenienza di ogni bimbo ucciso. Cerco di dare un nome ad ogni fiammella. Davanti a me la sagome nere delle mie figlie. Il percorso è circolare, quasi a rincorrere il ciclo dell’esistenza. Sarà cometa una di quelle fiammelle, sarà freccia nella notte, sarà semplicemente una speranza. Guardo le mie figlie, già nel sole, nel Giardino dei Giusti. Mi giro verso mia moglie. Vorrei dirle qualcosa. Ma cosa si può dire davanti all’indicibile? Apro la bocca. Non mi esce nulla. Meglio così. Lei è voltata dall’altra parte, come una volta. Si è accorta che adesso, qui, anche noi due siamo “passati per il camino”.

Uscendo dallo Yad Vashem, dopo avere visto tanti luoghi sacri, il pensiero corre al bel libro del teologo (tedesco) Hans Jonas, Il concetto di Dio dopo Auschwitz. Jonas bestemmia con dolore e profonda  angoscia: se Dio è onnipotente non è sommo bene, perché ha permesso tutto questo. Se invece è sommo bene non può essere onnipotente, perché tutto questo è stato. Da adolescente irrequieto, la domanda mi ha sempre tormentato. Adesso, da padre, è anche peggio. Esci di qui e ti rendi conto che il Golgota ha mille nomi. Come l’Onnipotente per gli ebrei. Noi diciamo Golgota. Ma qui suona Birkenau, Treblinka, Mauthausen, Sobibor … Nel bambino continua la nostra vita. Il bambino, che per noi è progetto di continuità, qui è pura luce. E’ la freccia che non ti appartiene. E’ la fiammella che ti brucerà dentro per sempre e che si accende come una lama, un dolore intenso e allucinante, che diventa ancora più forte mentre guardi le tue figlie che escono nel sole. E piano si sciolgono alla vista, perché stai piangendo e non te ne sei accorto. Chiedimi che cosa mi sono portato via per ricordo, dalla terra della Bibbia? Ho portato una fiammella. La fiammella di una candela.

giovedì 13 gennaio 2011

CAPODANNO 2011 - ISRAELE - GIORDANIA - EGITTO I vostri commenti

"Di questo viaggio non dimenticherò mai..innanzitutto gli assistenti spirituali che hanno saputo inoltrarci in questo cammino con un grado molto elevato di preparazione e di sensibilità, di amore, di attenzione verso il prossimo:noi. Tutto è stato coinvolgente e la partecipazione è stata grande. L'interesse per i luoghi sacri era scontato, le emozioni tante: i momenti di riflessione e le Messe celebrate in luoghi che parlano a cuore; l'emozione, con tanta pena e sofferenza, pensando a Colui che percorse "quella strada" con una croce sulle spalle. Quanti momenti ho davanti agli occhi e...dentro al cuore! "



"Di questo viaggio non dimenticherò mai le bellezze di Petra, le contraddizioni della città di Gerusalemme e la magica atmosfera respirata in tutti quei luoghi Sacri... "

mercoledì 3 novembre 2010

IL PELLEGRINAGGIO…UN MOMENTO DI CAMMINO E DI INCONTRO CON DIO

Il richiamo dei Santi, testimoni di Cristo nella storia antica e recente, o della Vergine Maria, nei luoghi che ne hanno evidenziato una tangibile presenza, sono da sempre un mezzo che il Signore offre per ricondurre a Lui tanti che si dicono cristiani spesso solo superficialmente, per non parlare di molti non credenti. La Chiesa ha sempre riconosciuto in questo una preziosa occasione di rievangelizzazione, più che mai urgente nel nostro tempo, come hanno sottolineato recentemente Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
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Le chiese e i santuari, siano essi dedicati alla santissima Trinità, a Cristo Signore, alla beata Vergine, agli Angeli, ai Santi o ai Beati, sono forse i luoghi in cui i rapporti tra Liturgia e pietà popolare sono più frequenti ed evidenti. Il pellegrinaggio, pratica molto antica, comune a tutte le religioni e classi sociali, ha assunto in seno al Cristianesimo forme e modalità diverse, non sempre riconducibili ad un'unica tipologia, per la diversità delle motivazioni, dei luoghi, delle culture popolari nelle quali si è incarnato o da cui è scaturito. E’ noto come, oltre alla liturgia, la vita cristiana si nutra di varie forme di pietà popolare: tra di esse, il pellegrinaggio.
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Il tema del pellegrinaggio è fondamentale per il cristiano proprio perché rappresenta il corso della vita che porta in cielo. Ma in un mondo nel quale ci si muove sempre più spesso e sempre più caoticamente, a volte anche senza meta, ci si potrebbe, forse, chiedere se il pellegrinaggio cristiano rappresenti ancora una pratica attuale e significativa. "Il pellegrinaggio - scrive Giovanni Paolo II nella bolla d'indizione del Grande Giubileo del 2000, Incarnationis Mysterium, "riporta alla condizione dell'uomo che ama descrivere la propria esistenza come cammino... ed è sempre stato un momento significativo nella vita dei credenti; rivestendo nelle varie epoche espressioni culturali diverse, esso evoca il cammino personale del credente sulle orme del Redentore: è esercizio di ascesi operosa, di pentimento per le umane debolezze, di costante vigilanza sulla propria fragilità, di preparazione interiore alla riforma del cuore".
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Così inteso, il pellegrinaggio è certamente un'espressione attuale della religiosità popolare, che risponde all'ansia di ricerca iscritta nel cuore di ogni uomo e anche, non si può nasconderlo, a quel desiderio di avventura che forse tutti, almeno qualche volta nella vita, hanno sentito.
Le motivazioni del pellegrinaggio sono principalmente, anche se non esclusivamente, di natura religiosa. A fondamento del pellegrinaggio sta un'esigenza di fede, che si esprime in un movimento che vuole essere figura della conversione, premessa e preparazione ad una esperienza religiosa che ha il suo punto culminante e qualificante nella partecipazione alla vita liturgica.
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Le modalità di attuazione del pellegrinaggio prevedono, oltre la preparazione remota, l'attiva partecipazione ai diversi momenti di confessione e di celebrazione della fede, soprattutto attraverso l'ascolto e l'interiorizzazione della parola di Dio, la celebrazione dei sacramenti della Penitenza e dell'Eucaristia, ma anche l'espressione visibile della carità e della solidarietà, il raccoglimento nel silenzio e nella preghiera prolungata, l'approfondimento catechistico.
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Questi si possono, dunque, dire, in sintesi, gli elementi del pellegrinaggio cristiano:
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- si fonda sulla centralità di Cristo, "via, verità e vita": Lui è il significato, la meta ultima a cui tendere;
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-recupera le immagini bibliche del cammino del popolo ebraico nel deserto, dei pellegrinaggi alla città Santa di Gerusalemme, vissuti anche dalla Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe;
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- è immagine della Chiesa e segno dei popoli in cammino verso Dio. Percependo se stessa come pellegrina, la Chiesa vede infatti nel pellegrinaggio un simbolo della sua condizione attuale;
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-è luogo dell'annuncio e dell'ascolto della Parola di Dio, origine e modello della Chiesa itinerante, spazio di catechesi e momento di carità. E’ momento dell'incontro con Dio, con la sua Parola e la sua grazia;
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evento di Chiesa e allo stesso tempo luogo d'incontro con l'umanità. Nella civiltà della comunicazione il pellegrinaggio, incontro con Dio, con se stessi, con i fratelli e con il creato, non solo conserva la validità di un tempo, ma è proposta preziosa per promuovere la pace e la nuova evangelizzazione;
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- non è dunque solo un evento di culto ma altresì di cultura; i pellegrini devono saper vivere il Vangelo nella storia del proprio tempo, dando risposte adeguate alle speranze dell'umanità;
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-orienta l'uomo verso una meta che supera le coordinate del tempo e dello spazio ed offre momenti di maturazione umana e religiosa.
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mercoledì 27 ottobre 2010

PELLEGRINAGGIO SULLA VIA FRANCIGENA PER ASSAPORARE IL GUSTO DEL CAMMINO

Molti fra giovani e adulti delle parrocchie della diocesi laziali e amanti dei cammini a piedi, hanno già dato la loro adesione e sabato 30 ottobre, si daranno appuntamento presso la Basilica del Santo Sepolcro nella Concattedrale di Acquapendente per il 2° pellegrinaggio a piedi sulla Via Francigena.
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L’iniziativa è stata promossa dalla Diocesi con l’Ufficio Pastorale per il Tempo Libero, Sport, Pellegrinaggi e Via Francigena in collaborazione con Pastorale Giovanile ed Universitaria. Condurranno il Pellegrinaggio Don Emanuele Germani dell’ufficio stampa della diocesi e Domenico Orlandi esperto pellegrino. È il secondo appuntamento programmato in questo anno 2010 voluto proprio per far fare a tutti un’esperienza di pellegrinaggio unica nei luoghi intorno al lago di Bolsena toccati sin dal medioevo da celebri e nello stesso tempo semplici pellegrini che dall’Inghilterra si recavano a Roma sulla tomba dei Papi per innalzare preghiere e chiedere perdono per i propri peccati.
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Sarà questo l’intento, cioè far assaporare il “gusto” del cammino. La vita è un itinerario, allora anche nella vita di tutti e di ciascuno occorre sempre tener presente l’aspetto della fatica, del sudore del cammino che però può diventare, se fatto con generosità e fede, strada di conversione e di espiazione per i propri peccati.
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L’altro fine sarà quello di far conoscere ai condiocesani una strada (la Via Francigena) che è conosciuta in tutto il mondo ed è percorsa ogni anno da migliaia di pellegrini e che per molti invece è sconosciuta e da molti altri ancora trascurata. Il momento di preghiera alle ore 9 del mattino nella Cripta del S. Sepolcro di Acquapendente darà il tono a tutto il pellegrinaggio di circa 20 km fino all’altra grande Basilica a Bolsena che custodisce le reliquie della piccola martire S. Cristina e conserva gelosamente la memoria del miracolo Eucaristico conosciuto comunemente del “Corpus Domini”. Un momento alto e di profonda partecipazione da parte di tutti i componenti del gruppo che, con l’arrivo della prossima primavera, intenderà sicuramente andare verso Roma e poi sicuramente verso Santiago de Compostela.
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venerdì 22 ottobre 2010

A CREMONA SI SVOLGONO I CORSI PROFESSIONALI PER DIVENTARE ANIMATORE NEL TURISMO RELIGIOSO E PER I PELLEGRINAGGI

Nel 2011 l’ufficio di pastorale del turismo diretto da don Roberto Rota, in collaborazione con il Centro pastorale diocesano, propone un corso di formazione per accompagnatori e animatori dei pellegrinaggi.

Esso si rivolge a tutte quelle persone interessate e appassionate al fenomeno del turismo in generale e in particolare disponibili all’animazione dei pellegrinaggi, in stretta collaborazione con il Segretariato diocesano competente.

Risulta quanto mai urgente, infatti, che tali proposte pastorali vengano veicolate attraverso persone qualificate e motivate capaci di accompagnare pellegrini e turisti a gustare la bellezza dei luoghi e i messaggi spirituali che ne derivano.

Si tratta, cioè, di acquisire quelle competenze minime di carattere pratico per creare così un gruppo di collaboratori, appassionati dell’annuncio del Vangelo in questo specifico settore, che coinvolge milioni di persone ogni anno.

http://www.diocesidicremona.it
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martedì 19 ottobre 2010

IL TURISMO RELIGIOSO E’ IN BUONA SALUTE

Il turismo religioso resta comunque in buona salute, stando ai dati ufficiali, ma anche alle testimonianze raccolte da alcuni operatori del settore.
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L'andamento delle vendite di pellegrinaggi e del turismo religioso, ad oggi complessivamente risulta migliore del 2009, con un incremento del 20% circa. Anche per l'autunno appena iniziato, in generale il trend di vendite è abbastanza positivo.

La crisi ha interessato solo minimamente questo settore, che presenta motivazioni di viaggio molto forti. Pur in un anno difficile, dove la crisi ha influito in termini di costo del servizio, l'Orp sta registrando numeri superiori rispetto a quelli del 2009 in merito al numero di partecipanti, e segnali positivi ci sono anche per i prossimi mesi.

Il panorama del cosiddetto religioso, ha per sua natura una motivazionalità diversa e registra una complessiva tenuta rispetto ai numeri del 2009. In particolare si ricorda l'aumento dei pellegrini verso la Terra Santa e più compiutamente in tutte quelle aree del Medioriente in genere caratterizzate da itinerari religioso-culturali.
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lunedì 18 ottobre 2010

IN PELLEGRINAGGIO, ALLA SCOPERTA DI UN “NUOVO” BRASILE DELLA FEDE

L’offerta turistica brasiliana diventa sempre più variegata: dopo le splendide spiagge, le affascinanti città e la natura più incontaminata, il Brasile si propone infatti come meta per i pellegrini di tutto il mondo.
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Questo grazie all’accordo stretto tra l’ Opera Romana Pellegrinaggi (una delle principali organizzazioni promotrici del turismo nelle tradizionali mete cattoliche), rappresentata dall’amministratore delegato padre Caesar Atuire, e il Ministro del Turismo brasiliano, Luiz Barretto.
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La Santa Sede desidera proporre viaggi in Brasile, di tipo religioso perché è un Paese che offre opportunità uniche per conoscere l’esperienza umana e incontrare persone di varie razze e culture.
L’ingresso del Brasile tra gli itinerari dell’Opera Romana permetterà di promuovere il Paese alle migliaia di cattolici in tutto il mondo, mostrando loro un Paese che va ben oltre gli stereotipi.
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I primi itinerari brasiliani, attualmente in fase di elaborazione, saranno presentati in occasione del 38° Congresso della ABAV (Associazione Brasiliana delle Agenzie di Viaggio), in programma a Rio de Janeiro dal 20 al 22 ottobre, momento in cui avranno inizio le vendite vere e proprie. La prima grande azione di promozione internazionale avrà luogo nel giugno 2011 in Italia, nell’ambito della prossima edizione del Josp Fest, il Festival Internazionale degli Itinerari dello Spirito.
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Per quanto riguarda gli itinerari, in questa prima fase, sono previsti viaggi verso le città di San Paolo e Aparecida do Norte, Rio de Janeiro, Belo Horizonte e le città storiche del Minas Gerais, oltre a Recife e Salvador. Durante la visita in Brasile, Padre Atuire e il gruppo conosceranno anche altre importanti mete di pellegrinaggi in Brasile, nelle regioni Sud, Centro-Ovest, Nord e Nord-Est, nonché alle più celebri destinazioni di ecoturismo, tra cui Foz do Iguaçu, l’Amazzonia e il Parco Nazionale della Serra da Capivara, nel Piauí.
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IL RAPPORTO STRETTO TRA SANTUARIO E PELLEGRINAGGIO: DA ROMA, SANTIAGO DI COMPOSTELA AD OGGI, I LUOGHI SACRI CHE NON TRAMONTERANNO MAI

La ricerca di senso e di purificazione interiore ha spinto l’uomo, fin dai tempi remoti, a viaggiare come pellegrino verso un luogo ritenuto sacro, attraverso sentieri spesso colmi di insidie e pericoli.
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Il pellegrinaggio rivestiva a volte un significato penitenziale per le colpe commesse, oppure veniva intrapreso per ottenere qualche beneficio materiale per se stessi o per i familiari, come la guarigione da una malattia.
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In tutte le religioni, l’interlocutore del viandante era la divinità stessa nel luogo ad essa consacrato. Il pellegrino cristiano dei primi secoli invocava il benessere del corpo o dell’anima direttamente a Cristo oppure ai suoi intercessori per eccellenza: la Madonna e gli apostoli che lo avevano conosciuto personalmente. Si pregava anche l’arcangelo Michele, custode della nascente Chiesa contro il Maligno sempre in agguato: l’angelo dell’Apocalisse che sconfigge il diavolo con la spada sguainata, rassicurava il cristiano dei primi secoli, ancora accerchiato dai residui del paganesimo.
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Giunto dall’Oriente, dove San Michele era venerato (vi si costruivano santuari detti Michaelion), il suo culto si diffuse in Italia fin dall’inizio del V secolo: il Liber pontificalis ricorda la basilica al settimo miglio della via Salaria, sulla collina del Giubileo, detta Mons Sancti Angeli fino al XVI secolo.
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Nel Medioevo la ricerca della salvezza spirituale tramite il viaggio divenne una ragione di vita per un'immensa folla di cristiani. Al punto che la concezione cristiana della vita si basava su un lungo peregrinare verso la liberazione dai peccati e dal dolore. D’altra parte lo stesso Cristo aveva esortato i fedeli dicendo: “Camminate, mentre avete la luce, perché le tenebre non vi sorprendano”. Un cammino che doveva avere una meta poiché Cristo rassicurava il pellegrino stanco con le sue parole di incoraggiamento: “Chi persevererà fino alla fine sarà salvato”.
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L’uomo medievale si sente costantemente un pellegrino su questa terra, viaggiando verso i luoghi della fede alla ricerca della Patria Celeste: in un primo momento a Gerusalemme, sulle orme della Passione di Cristo, e verso le Tombe di San Pietro e di San Paolo a Roma; in seguito si diffusero i pellegrinaggi al santuario di Monte Sant'Angelo in Puglia, consacrato all’arcangelo Michele nel V secolo, e a Santiago di Compostela nel nordovest della Spagna, dove, nel IX secolo, venne trovata l’urna con le presunte spoglie dell’apostolo Giacomo il Maggiore.
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Fra questi antichi itinerari il più battuto, almeno fino al XIV secolo, partiva da Santiago di Compostela e, passando dalla Francia, giungeva a Roma; poi, lungo lo stivale italico, arrivava a Monte Sant'Angelo, nella punta del Gargano, e dai porti pugliesi terminava, via mare, in Terra Santa. Numerosi sono i graffiti e le iscrizioni di varie epoche trovati nel santuario pugliese con i nomi dei pellegrini preceduti da una croce: dopo aver visitato Roma e Compostela, si accingevano a raggiungere Gerusalemme.
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Il santuario di Gerusalemme, quello dell’arcangelo Michele e i santuari di San Pietro a Roma e di San Giacomo di Compostela, in Spagna, rappresentavano i principali itinerari medievali, intorno ai quali si sviluppavano la spiritualità e la fede cristiana.
Il concetto di pellegrinaggio è, dunque, in stretto rapporto con il concetto di santuario, essendo il primo elemento integrante del secondo: il pellegrino ha bisogno del santuario e il santuario ha bisogno del pellegrino. In particolare, occorre sottolineare come, per i cristiani, il santuario sia legato alla Madonna, essendo Ella legata a Cristo. Non esiste infatti al mondo alcuna chiesa cattolica che non sia dedicata a Maria o in cui non vi sia un altare, una statua, un quadro in suo onore.
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La vita dei santi, in duemila anni di cristianesimo, ha scritto nella storia della Chiesa le sue pagine migliori: per rimanere in Italia basti pensare a Sant'Ambrogio e San Gregorio Papa, San Benedetto e Santa Scolastica, San Francesco e Santa Chiara, San Domenico e Sant’Antonio e inoltre tutti i santi del Rinascimento a partire da San Filippo Neri, fino ai più grandi santi più vicini al nostro tempo, tra i quali spiccano le figure di San Giovanni Bosco, San Giuseppe Benedetto Cottolengo e San Leonardo Murialdo. È infine doveroso menzionare le innumerevoli fondatrici di Congregazioni e le suore dedite all’accoglienza dei poveri e alla cura degli anziani e degli ammalati. Le loro istituzioni sono divenute santuari e le loro tombe meta di pellegrinaggio e di ricerca interiore.
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giovedì 14 ottobre 2010

MEDJUGORIE ACCOGLIERA’ I GIOVANI DI TUTTO IL MONDO, IL FESTIVAL COME INCONTRO DI PREGHIERA

Anche per il 2011 Medjuorie diventa la piazza principale dove migliaia di giovani provenienti da tutto il mondo potranno incontrarsi e pregare.
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Dall’1 al 6 Agosto 2011 infatti, si terrà il conosciutissimo Festival dei giovani di Medjuorie. Il programma sarà intenso di appuntamenti , ricco di testimonianze e incontri di preghiera.
Questo pellegrinaggio è rivolto a tutti coloro che vogliono fare un'esperienza di rinnovamento spirituale.
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Per coloro che sono smarriti, confusi e delusi da questa società sempre più materialista che riempie esternamente di tutto, per svuotare poi interiormente. Medugorje, infatti, indica una strada verso l’interiorità, verso la Grazia, e chi si apre a questa virtù può contare sui suoi frutti.
A Medugorje nessuno torna a mani vuote! Ritornerete felici e sereni, perché la Regina della Pace fa a tutti il graditissimo dono della pace interiore!

http://www.pellegrinaggiomedjugorje.it/

http://www.medugorje.it
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martedì 12 ottobre 2010

IL VIAGGIO IN TERRA SANTA DELLA PELLEGRINA EGERIA

Nicoletta Natalucci, docente di Filologia classica presso l’Università degli Studi di Perugia ha curato il nuovo libro “Pellegrinaggio in Terra Santa”.
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Ambientato nel IV secolo, in concomitanza con l’edificazione delle basiliche costantiniane e la restaurazione della Gerusalemme cristiana, tratta il fenomeno dei pellegrinaggi.
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Per scelta personalissima dell’autrice, tra le pagine si moltiplicano scritti di genere vario (resoconti di viaggio, lettere di pellegrini, “guide” per itinerari geografici e liturgici) tra cui l’Itinerarium Egeria, resoconto in forma epistolare di un viaggio in Terra Santa.
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Egeria, una pellegrina proveniente dall’estremo Occidente dell’impero (è incerto se si tratti di una monaca, di una gran dama o di una donna di più umili origini), vi descrive la visita al Sinai, il tragitto sulle tracce dell’Esodo, l’ascesa del monte Nebo, i viaggi a Carneas e in Mesopotamia, il ritorno a Costantinopoli e la sosta al martyrium di Santa Tecla. Nella seconda parte del suo racconto annota con minuzia gli usi liturgici della Chiesa di Gerusalemme.
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Quest’edizione presentata si basa su quella di Franceschini-Weber, aggiornata con i contributi critici più recenti e con una nuova lettura del manoscritto originale (manoscritto Aretinus).

Il moltiplicarsi dei pellegrinaggi in Terra Santa rende il volume singolarmente attuale e interessante.

http://www.libreriacoletti.it
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