LA PARTENZA
Erano
ormai anni che i media ci martellavano sull’imminente fine del mondo,
predetta secoli fa dalle profezie di molti popoli antichi, primi fra cui
i Maya.
Ed ecco che la richiesta di organizzare
un tour in Centroamerica proprio in coincidenza con lo scadere
dell’infausto oracolo, galvanizzò, e non poco, l’ambiente normalmente
tranquillo e ovattato dell’Abbey Travel.
Il
gruppetto era composto da tre “madame” subalpine e da una “sciura”
meneghina, famigerata amica del nostro eroe, con il quale aveva già
condiviso mostruose avventure in giro per il mondo.
L’appuntamento
con la “fanciulla milanese” venne fissato a Madrid al gate d’imbarco
per Città del Guatemala. Fatte le dovute presentazioni, ci imbarcammo e
iniziò un lungo viaggio verso il paese dei quetzal…
Sbarcati
nel tardo pomeriggio, venimmo subito trasferiti ad Antigua,
meravigliosa città coloniale, ai piedi di numerosi vulcani attivi, il
Volcan de Agua, de Fuego e l’Acatenango. Saranno stati il clima
meraviglioso, il paesaggio tropicale o i cibi succulenti, fatto sta che
le quattro nonnette, appena poche ore prima testimonial di qualche casa
di riposo, si trasformarono in quattro balde amazzoni, pronte a
conquistare di nuovo, cinquecento anni dopo, l’impero del Giaguaro.
I MERCATI
Ma prima si trasformarono in voraci e assatanate ammazza-quetzales (la moneta uatemalteca)…ecco come.
I
discendenti dei Maya, lasciate le città dello Yucatan, si stabilirono
sull’altipiano dove convissero, per un breve periodo, due capitali:
Iximchè, quella maya, e Tecpan, quella dei conquistadores. Qui
svilupparono sia l’agricoltura, agevolata dal clima mite, e
l’artigianato.
L’artigianato…soprattutto
tessile, un arcobaleno di colori da abbagliare ogni comun mortale, tinte
e sfumature di rosso, giallo, blu, arancione, verde, un caleidoscopio
“a coda di pavone” da far girar la testa, da stordire anche il più
avvezzo frequentatore di mercati all’aperto d’Europa.
I
primi a tremare furono i vari Bancomat del luogo, letteralmente
svaligiati dalle italiche turiste che, come cavallette fameliche, si
gettarono sui banchetti degli allibiti indigeni. Fu così che tovaglie,
pezze di stoffa, canovacci, maglie, magliette, cappelli, porta oggetti ,
ritagli di cuoio dipinti, statuette maya (made in Taiwan), articoli in
paglia ecc.ecc. passarono velocemente di mano e di…continente!
I
due mercati che attirano di più i turisti si trovano a Chichicastenango
e a Panajachel, cittadina che si rispecchia nelle acque del lago
Atitlàn. In quest’ultimo paese scoprirono un negozio all’ingrosso di
“bamboline scaccia-guai”, porta-fortuna in stoffa coloratissima e a
prezzi incredibilmente bassi. Morale della favola a Torino e a Milano le
case traboccano di tali talismani dalla dubbia efficacia, vista
l’attuale situazione del nostro Paese.
Oltre le stoffe, i mercati
indigeni offrono ogni sorta di frutta e verdura, sementi e alimenti,
cornucopia di prelibatezze in ogni periodo dell’anno, visto che il
Guatemala è conosciuto come il “Paese dell’eterna Primavera” Quello che
colpisce di più sono i vari tipi di granturco, giallo, blu, bianco e
rosso, e la grande varietà di peperoncini, da quelli dolcissimi a
quelli…mostruosamente piccanti! Una vera gioia per gli occhi, non tanto
per ll naso, colpito da olezzi non sempre piacevoli, soprattutto di
fronte ai banchi che offrono carni dalle dubbie origini e ai venditori
di pesce secco, dal pungente odore di putredine.
Continua…
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